Correva l’anno 1983 …
E nell’aria suonavano le note del brano “La donna cannone” di Francesco De Gregori.
Nel nostro andare avanti ed indietro nel tempo ci ritroviamo in un altro anno per me molto particolare, l’anno della Laurea.
Già dall’estate precedente stavo lavoricchiando alla tesi che era di tipo sperimentale e che, fra le altre cose, comportava di leggere alcuni articoli in inglese, lingua che non conoscevo se non in modo molto molto primitivo grazie ad un piccolo corso frequentato proprio all’università. Per fortuna la mia fidanzata e futura moglie lo conosceva bene e, con grande pazienza, mi aiutava, ad “acchiappare” per lo meno i concetti importanti.
All’inizio dell’anno avevo ancora un esame da sostenere ed il professore di questa materia era una persona molto particolare che conoscevo già per un esame del terzo corso. Non saprei dire se fosse vero o se fosse dovuto ai suoi comportamenti ma di lui si diceva avesse un passato di alto ufficiale in marina.
Visto che non avevo più da frequentare corsi, le giornate le dividevo fra la preparazione dell’esame e le frequenti visite in facoltà per parlare con il relatore della tesi. Ero iscritto al primo anno fuori corso ma, un pò per l’incertezza dovuta all’esame da sostenere ed un pò per per completare il lavoro di tesi, che a detta del relatore stava venendo bene, fui costretto ad iscrivermi anche al secondo anno.
Questa cosa mi pesava molto perchè scombinava i miei programmi, infatti nella mente avevo immaginato il mio percorso universitario nel quale mi ero proposto di dedicare cinque anni agli esami ed un anno all’elaborazione della tesi.
Alla luce dei fatti posso dire che questa iscrizione effettivamente l’ho utilizzata soltanto per passare dalla sessione di tesi di aprile a quella di luglio, con il grande vantaggio che il lavoro realmente ha prodotto un buon risultato e mi ha permesso di laurearmi a pieni voti.
Purtroppo di quel giorno non ho nemmeno una fotografia, non so se c’era il fotografo “ufficiale”, perchè non mi sembra di ricordare lampi di flash, so per certo che i miei parenti ed amici, rispettosi della cerimonia, non avevano portato macchine fotografiche. Nonostante la mancanza di testimonianze in tal senso il ricordo di quella mattina di estate è nitidissimo.
La prima cosa che mi ritorna alla mente è la sveglia di mia madre, stavo facendo una bellissima dormita e, se non fosse venuta lei con il solito caffè ad accendermi la radio, sicuramente sarei arrivato in ritardo. Dovete sapere che, ad esclusione di quando mi avvicinavo agli esami e mi alzavo molto presto per ripassare, la sveglia arrivava con il passo di mia madre che mi portava la tazzina del caffè e mi accendeva la radio sintonizzata sulla mia stazione preferita. Ogni tanto quando chiudo gli occhi e ripenso a quei bei tempi mi sembra di sentire ancora il suo passo felpato, il tintinnio del cucchiaino ed il profumo del caffè immediatamente seguiti dalle note di una bella canzone di quel periodo.
Dopo il rito della vestizione con abito doppio petto blu, camicia e cravatta siamo partiti alla volta dell’università dove c’erano già un certo numero di laureandi in trepida attesa con parenti ed amici al seguito.
Iniziata la sessione, quando è venuto il mio turno, ho esposto il mio lavoro con una sicurezza ed una padronanza che hanno stupito anche me, parlavo con la stessa naturalezza che avevo quando stavo al bar con gli amici, con calma cambiavo I lucidi con i grafici che tanto mi avevano impegnato nel caldo afoso di quel fine giugno e ripartivo intrattenendo la commissione che seguiva con interesse ed attenzione. Alla fine dell’esposizione qualcuno mi ha fatto anche delle domande alle quali sono riuscito a rispondere con calma e precisione portando a completamento il tutto con grande soddisfazione dei presenti ed applauso finale.
Finite tutte le esposizioni i membri della commissione ci hanno fatto uscire dall’aula magna e si sono riuniti per decidere le votazioni. Abbiamo iniziato ad ingannare l’attesa andando tutti al bar per un meritato caffè e per due chiacchere. Quando siamo tornati di fronte all’aula le porte erano ancora chiuse e così sono rimaste per una mezzoretta aumentando la tensione del momento.
Quando, finalmente, si sono aperte noi laureandi abbiamo preso posizione sul piano rialzato dell’aula, di fronte alla folla di parenti ed amici, con accanto tutta la commissione ed il presidente che, guarda caso, era il professore con il quale avevo sostenuto l’ultimo esame. Quest’ultimo ha iniziato a chiamarci per nome ed a comunicarci il voto di laurea, passati alcuni minuti, visto che eravamo una ventina, è stata pronunciata la fatidica frase che concludeva ogni sessione di laurea e sono iniziate le strette di mano e gli applausi del pubblico.
Fra tutti questi ricordi che riaffiorano nella memoria, sicuramente il più emozionante è quello della vista dei miei genitori con gli occhi umidi e soprattutto le parole di mia madre:
“ … te lo dicevo … ero sicura che avresti preso il massimo, lo vedevo mentre preparavi la tesi …” .
Amore di mamma…
In quell’anno, che ha visto la nascita dello “Swatch”, del primo modello di “cellulare”, l’inizio del caso “Tortora” e la scomparsa di “Emanuela Orlandi”, usciva il Q-disc di De Gregori che conteneva “La donna cannone”.
Parlare delle canzoni di De Gregori non è facile, i testi non sono mai banali, sono di difficile interpretazione e trattano argomenti che invitano a riflessioni profonde. Premesso questo devo dire che Francesco De Gregori è stato sicuramente uno dei più importanti compositori della colonna sonora della mia vita, accompagnandomi in tutti questi anni con tante belle canzoni.
Il brano “La donna cannone “ si ispira ad un articolo di giornale, infatti lo stesso De Gregori in un’intervista del 2015 ad Anna Bandettini per Repubblica dice:
“Avevo letto in un trafiletto di un giornale locale che una “donna cannone”, principale attrazione di un piccolo circo, era fuggita per amore. Mi aveva colpito soprattutto la disperazione del circo, ora ridotto in malaparata. Una storia un po’ felliniana.”
Quindi, come detto sopra, la canzone prende spunto dalla storia di questa donna, che è l’attrazione principale di un circo, che fugge per coronare il suo sogno d’amore dato che le regole circensi non lo permettono. Sintetizzando al massimo si può dire che è la storia di un “amore proibito”.
Le parole usate da De Gregori sono, come al solito, di grande impatto e si prestano a più letture
“Butterò questo mio
enorme cuore
tra le stelle un giorno
giuro che lo farò
e oltre l’azzurro della tenda
nell’azzurro io volerò
quando la donna cannone
d’oro e d’argento diventerà
senza passare per la stazione
l’ultimo treno prenderà…”
Perciò, incuriosito, sono andato sulla rete alla ricerca del significato del testo ed ho trovato veramente tante interpretazioni ognuna delle quali, partendo da dei parametri comuni ( la storia di amore proibita ), esprime un concetto diverso con una sua validità.
Alla luce di tutto questo, negli anni, ho maturato la convinzione che De gregori, come altri autori simili che amano fare testi di questo tipo, abbia l’intenzione ed il piacere di lasciare una certa libertà di lettura in modo che la canzone si adatti il più possibile al pensiero del pubblico che l’ascolta e, allo stesso tempo, risulti sempre attuale.
Onestamente, quale sia il motivo preciso non lo so ma le canzoni di De Gregori mi sono sempre piaciute, ho iniziato a seguirlo ai tempi del suo disco in collaborazione con Venditti “Theorius Campus”, e mi sono definitivamente appassionato alla sua musica con “Alice”.
Sicuramente le cose che ho sempre apprezzato sono la semplicità e la dolce melodia delle musiche e quel suo modo di cantare pacato che mi trasmette serenità e forza, tanto che mi richiama alla mente il detto “la calma è la virtù dei forti”.
Vi ringrazio per la pazienza e spero di ritrovarvi fra qualche giorno su EC_Shivers’ per il prossimo viaggio.
Un caro saluto.
Mr.
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