Il giorno della civetta vede la luce nel 1961 ed è la prima opera letteraria ad affrontare e trattare esplicitamente il tema della mafia e delle sue implicazioni sul territorio in cui si radica (in questo caso la Sicilia).
L’autore Leonardo Sciascia, però, si guardava bene dal definirsi un mafiologo; in un articolo del Corriere della Sera del 1982 infatti scriveva: “Non c’è nulla che mi

infastidisca quanto l’essere considerato un esperto di mafia o, come oggi si usa dire, un ‘mafiologo’. Sono semplicemente uno che è nato, è vissuto e vive in un paese della Sicilia occidentale e ha sempre cercato di capire la realtà che lo circonda, gli avvenimenti, le persone. Sono un esperto di mafia così come lo sono in fatto di agricoltura, di emigrazione, di tradizioni popolari, di zolfara: a livello delle cose viste e sentite, delle cose vissute e in parte sofferte…”. Ed è proprio questa la forza di Sciascia: descrivere in maniera asciutta e precisa, senza divagazioni e senza salire sul piedistallo, cosa sia la mafia, come si radichi nel territorio e nelle persone, e come tenti (spesso con successo) di corrompere persino i vertici governativi.
La criminalità organizzata non si ferma di fronte a nulla, non ha limiti e non disdegna la violenza, anzi se ne serve come strumento di potere, per incutere paura e per manifestare chiaramente che può tutto, ovunque e in qualsiasi momento. Chi si ribella (come accade all’imprenditore edile dell’inizio del romanzo) o chi è testimone scomodo (come il contadino che scompare misteriosamente) viene ucciso. Chi tenta di indagare (come il capitano Bellodi) viene intralciato dall’omertà dei cittadini, che di quell’imprenditore morto nulla sanno e nulla hanno visto, e che arrivano a sminuire le realtà scomode, fino al punto di negarne l’esistenza (emblematica l’uscita del venditore di panelle, che pur presente al fatto, esclama: “Perché, hanno sparato?”).
Sciascia elimina i dettagli che potrebbero riferirsi a persone specifiche, ma così facendo sublima la sua narrazione: ciò di cui parla potrebbe essere realmente avvenuto, non solo nella Sicilia degli anni ‘50-60, ma anche ai nostri giorni. Lo scrittore siciliano descrive infatti difficili e arretrate realtà contadine, arresti e rilasci, persone che non parlano e persone che invece parlano, ma fin troppo facilmente, articolate costruzioni di finti alibi e riunioni in Parlamento, che dovrebbero risolvere o quanto meno tentare di risolvere i problemi dei cittadini, ma che invece finiscono in caciare degne delle peggiori taverne. Il tutto ci appare ancora oggi piuttosto familiare.
A 25 anni dalla stage di Capaci il cittadino onesto (come l’imprenditore di Sciascia) è ancora troppo spesso costretto a fare l’eroe solitario, abbandonato dallo Stato e dalle istituzioni. Chi decide di parlare e collaborare con la giustizia finisce il

più delle volte a fare la vita del topo, recluso e braccato. Chi fa della trasparenza lo scopo della propria vita (come Falcone e Borsellino) viene eliminato. Per fortuna, però, tutti questi luminosi esempi di moralità e giustizia non sono rimasti vani e con il tempo sono nate diverse associazioni che si impegnano a combattere la mafia (anche dal punto di vista culturale e sociale), e a valorizzare i beni sottratti alle organizzazioni criminali (come ad esempio Libera Terra, che lavora in Sicilia, Puglia, Calabria e Campania).
Vi lascio con una frase di Giovanni Falcone, che incornicia alla perfezione ciò che abbiamo detto finora: “La mafia non è affatto invincibile; è un fatto umano e come tutti i fatti umani ha un inizio e avrà anche una fine. Piuttosto, bisogna rendersi conto che è un fenomeno terribilmente serio e molto grave; e che si può vincere non pretendendo l’eroismo da inermi cittadini, ma impegnando in questa battaglia tutte le forze migliori delle istituzioni”.
Cat.
Titolo: Il giorno della civetta
Autore: Leonardo Sciascia
Edizione: Adelphi
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2 pensieri su “RECENSIONE: “Il giorno della civetta” di Leonardo Sciascia”