Correva l’anno 1984 …
E nell’aria suonavano le note del brano “ Come si cambia “ di Fiorella Mannoia.
Fiorella Mannoia nasce a Roma il 4 aprile 1954, è figlia del “cascatore” Luigi Mannoia e, giovanissima, inizia con suo fratello e sua sorella la stessa attività. Nel 1968 lavora come controfigura in alcuni film e nei primi anni settanta recita ruoli minori in altre pellicole.
Sempre nel 1968 inizia anche la sua carriera musicale, partecipa al Festival di Castrocaro con una canzone di Celentano che gli vale il primo contratto discografico e l’anno successivo partecipa anche ad Un disco per l’estate.
Durante gli anni settanta ottiene un paio di contratti con altre case discografiche e pubblica alcuni 45 giri senza grossa fortuna.
Il salto di qualità arriva nel 1980 grazie alla collaborazione con Pierangelo Bertoli nella canzone “Pescatore”, brano che il cantautore emiliano inserisce nel proprio album “Certi momenti”, ed al Festival di Sanremo del 1981 al quale partecipa per la prima volta con la canzone “Caffè nero bollente”. Il pubblico inizia a conoscere questa giovane cantante dagli occhi verdi a dai riccioli ramati che possiede una bella voce ed interpreta con grande maestria le canzoni. Nel 1984 ritorna per la sua seconda volta sul palco dell’Ariston e presenta proprio la canzone di cui stiamo parlando ottenendo un grande successo.
In questi primi anni ottanta collabora con Mogol e Mario Lavezzi che sarà anche il produttore di alcuni suoi album come “Momento delicato”. Continuano le sue partecipazioni al Festivalbar e nel 1987 partecipa per la terza volta al Festival di Sanremo con un altro brano di grande successo scritto da Enrico Ruggeri e Luigi Schiavone come “Quello che le donne non dicono” che si aggiudica il “Premio della Critica”.
Nel 1988, non contenta, è di nuovo al Festival di Sanremo rivincendo il Premio della Critica con il brano di Ivano Fossati “Le notti di maggio”. Subito dopo vince “Un disco per l’estate” con “Il tempo non torna più” appartenente all’album “Canzoni per parlare”.
Con questo album, il primo ad avere un grande successo di pubblico, Fiorella inizia un buon periodo, con il compagno Piero Fabrizi ha un lungo sodalizio artistico e si guadagna anche il primo di sei riconoscimenti come miglior interprete, la “Targa Tenco”.
Prima che finiscano gli anni ottanta, nel 1989, pubblica un nuovo lavoro “Di terra e di vento” nel quale collaborano Enrico Ruggeri ( come nel precedente), Ivano Fossati ed anche Francesco De Gregori.
Dal 1990 ad oggi è storia conosciuta, Fiorella collabora con i migliori artisti del panorama musicale italiano, compresi quelli emergenti, e sforna un gran numero di successi tra i quali la bellissima “Il cielo d’Irlanda” e la cover di Vasco Rossi “Sally”.
Nel novembre del 2002 esce il cofanetto “In Tour”, due CD dal vivo registrati insieme a Ron, Pino Daniele e Francesco De Gregori che diventa Disco di Platino con più di 150.000 copie vendute.
Nel giugno del 2005 il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi la nomina “Ufficiale dell’Ordine al merito della Repubblica italiana”. La lista dei riconoscimenti artistici di Fiorella è lunghissima a dimostrazione di un personaggio veramente notevole.
Quest’anno la sua partecipazione a Sanremo con la canzone “Che sia benedetta” si è conclusa con un meritatissimo secondo posto e l’ennesimo riconoscimento, premio Bardotti per il miglior testo e premio della sala stampa radio & tv “Lucio Dalla”.
Fiorella è una persona molto riservata ma molto impegnata nel sociale ed anche in politica, partecipa a molte iniziative ed è sempre attiva nell’organizzazione di spettacoli od attività con finalità filantrope.
La nostra canzone, nonostante abbia qualche annetto, è una caratteristica inconfondibile di Fiorella ed il suo ascolto riporta immediatamente al personaggio, c’è chi ritiene che sia la storia di una donna che attraversa alcune relazioni e per ognuna di queste è costretta a cambiare, a me piace vederla anche come similitudine, potrebbe essere la storia di ognuno di noi che durante la vita é costretto a cambiare per affrontare i cambiamenti che questa ci impone.
“Quante luci dentro hai già spento
Quante volte gli occhi hanno pianto
Quante le incertezze già perse
…
E non avere paura di capire
Che domani è un altro giorno
Come si cambia per non morire
Come si cambia per amore
Come si cambia per non soffrire
Come si cambia per ricominciare
Come si cambia per non morire”
Per la mia storia personale il 1984 è stato un anno molto particolare dato che è stato l’anno della “naia”. Per molti ragazzi di oggi questa parola è senza senso perché il servizio militare non è più obbligatorio ma per molti della mia generazione era uno spauracchio, come lo era la famosa cartolina rosa ( citata anche da Claudio Baglioni in una canzone dei primi album) con la quale ricevevamo la notifica della partenza per il servizio di leva e la destinazione.
La mia cartolina era arrivata alla fine dell’anno precedente e mi aveva annunciato che a gennaio sarei partito ( anche se il luogo di destinazione iniziale sarebbe poi cambiato a favore della città di Arezzo dove avrei poi svolto il mese di CAR o servizio di addestramento).
Ricordo molto bene la mattina della partenza, era giovedì e dovevo presentarmi in caserma ad Arezzo a mezzogiorno per cui potetti fare tutto con calma. Non volevo turbare la vita normale della famiglia per cui con la mia ragazza ci eravamo salutati la sera prima ed era perciò rimasta a casa a studiare mentre mia madre e mio padre erano andati regolarmente al lavoro.
Io avevo preparato tutto il necessario il giorno prima per cui mi alzai, mi preparai, presi la borsa, chiusi casa e scesi le scale, arrivato in cortile mi soffermai a vedere se il bandone del garage dove avevo la mia auto fosse chiuso e mi avviai alla fermata del tram che mi avrebbe portato alla stazione di Firenze dove mi attendeva il treno per Arezzo.
Fu un viaggio “strano”, non avevo particolari preoccupazioni ed ero contento del cambio di destinazione dell’ultimo momento che mi aveva evitato una locazione molto scomoda a favore di una città amica e vicina. Alle 11 e 30 entrai in caserma dove sarei rimasto per quasi quattro settimane fino al giorno del famoso “Giuramento”.
Sempre fra i ricordi nitidi ho quello della prima notte in branda perché, a causa di tutti i cambiamenti in corso ed un po’ di tensione, avevo un terribile mal di testa che aumentava anche a causa del gran freddo che c’era in camerata e quindi non riuscivo a prendere sonno. Avevo l’antidolorifico nella borsa all’interno dell’armadietto ma non volevo fare rumore per prenderlo, mi faceva anche molta fatica alzarmi per raggiungere i bagni per prendere l’acqua ma dopo un po’ non ce la feci più a reggere il martellare alla testa e mi alzai. Fu allora che capii come mai era tanto freddo, non solo il riscaldamento era spento durante la notte ma molti dei vetri erano rotti e facevano passare un vento gelido. Presa la pasticca e rannicchiatomi mezzo vestito in branda piano piano mi addormentai e detti inizio alla mia avventura da militare.
Per diversi giorni dovemmo rimanere in abiti civili perché non erano pronte le divise militari e questo contribuì ad un inserimento graduale, il tempo ci volle bene e nonostante il freddo non pioveva per cui gli abiti si mantennero decenti per poter uscire la sera a fare un giro e a telefonare a casa ( grande cosa il cellulare di oggi!). Con mia grande sorpresa il sabato ero libero per cui il primo pomeriggio mi misi in treno e tornai a casa per una breve visita ed un resoconto ai miei dell’impatto avuto.
Dopo quattro settimane di preparazione arrivò il Giuramento che, per quanto non abbia mai avuto simpatia per la vita militare, devo dire che è un momento abbastanza emozionante. Dopo la piccola licenza premio il tempo di rientrare ad Arezzo e ricevere la notizia migliore che mi potesse capitare, trasferimento a Firenze negli uffici del Battaglione Logistico ad un chilometro da casa, meglio di così ….
Il resto della naia è scivolato via in modo tranquillo fra qualche guardia e tanti servizi al centralino. La notte non c’era più il problema del freddo perché, data la mia età e la laurea, dormivo nella stanza dei dottori che prestavano servizio in infermeria corredata di piccola stufetta elettrica ma soprattutto abbastanza piccola e confortevole.
Le notizie di quell’anno le ricordo bene perché una delle attività principali nel tempo libero era la lettura del giornale; la cronaca riportava la morte in Canadà del primo paziente ammalato di AIDS, una scossa di terremoto nell’Umbria e nelle Marche, il settimo duplice omicidio del mostro di Firenze (triste vicenda molto vicina a noi), l’assassinio del primo ministro indiano Indira Gandhi ed il disastro di Bhopal dove per una fuga di gas da una fabbrica della multinazionale Union Carbide morirono più di duemila persone e ne rimasero intossicate alcune decine di migliaia.
La notizia che però ricordo con più partecipazione fu la morte di Enrico Berlinguer pochi giorni dopo il malore avuto a Padova mentre teneva un comizio. Indipendentemente da come una persona la pensi politicamente credo che Berlinguer, insieme all’allora Presidente Sandro Pertini ed ad altri personaggi dell’epoca, abbia rappresentato il volto onesto della politica, cosa di cui sentiamo tanto il bisogno in questo momento. Ricordo anche le immagini dei suoi funerali a Roma con una folla sterminata a rendergli omaggio, cosa che non credo succederebbe ora per nessuno dei nostri attuali politici.
Cari amici il nostro viaggio termina qui, vi lascio in compagnia della nostra canzone e vi auguro buon ascolto.
A presto
Mr.
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