Amici di EC Shivers’, in questi mesi di recensioni abbiamo incontrato autori italiani e stranieri, uomini e donne di tutte le epoche, capaci di parlare al nostro presente e la cui penna ha mantenuto tutt’oggi una forza emotiva travolgente e profonda.

Per la recensione di questo martedì ho quindi pensato ad un’autrice che rispondesse perfettamente a queste qualità. Agota Kristof, ungherese vissuta per molto tempo all’estero, è scomparsa solo nel 2011, a 76 anni. A quattro già aveva imparato a leggere e a quattordici scriveva le sue prime pièce teatrali, nonostante la vita non fosse proprio rosea.
Amava definirsi con autoironia “analfabeta”, perché non riusciva a padroneggiare alla perfezione il francese parlato, nonostante fosse la sua seconda lingua, e la utilizzasse fin dai primi libri.
Donna forte e determinata, Agota è capace di condensare in poche pagine un’intensità che difficilmente troverete in altri autori (prova del fatto che la qualità di un libro non è mai direttamente proporzionale alla quantità delle sue pagine).
La prosa della scrittrice è una lama tagliente, i dettagli sono quasi inesistenti, i tempi e i luoghi indefiniti, ma le storie appaiono sempre reali, dirette e ricche di significato. Chi legge l’opera più famosa della Kristof (La trilogia della città di K., pubblicata da Einaudi per la prima volta nel 1986) pensa di rimanere deluso dai suoi romanzi brevi e dai racconti, ma si ricrede già dalle prime pagine.
In Ieri si ritrovano temi ricorrenti nella produzione della Kristof, come la guerra e le sue difficoltà, l’infanzia misera e miserabile, l’alienazione, il dolore, l’amore impossibile e irrealizzabile. La sua poesia tocca vette altissime, alternando frasi affilate come rasoi, a frasi di una liricità sconcertante.
La storia narrata è quella di Tobias Horvath, che ha vissuto la propria infanzia all’ombra di una madre scomoda, la prostituta, la ladra e la mendicante del villaggio. Di lei Tobias si è sempre vergognato e ha sempre dovuto subire in casa la presenza di persone estranee e spregevoli, anche se purtroppo necessarie per il sostentamento suo e della madre.
Oggi Tobias è un uomo adulto, ma in un angolo della mente conserva ancora i ricordi torbidi del passato, quel continuo via vai di sconosciuti, i rumori e i sussurri, la sconvolgente scoperta dell’identità di suo padre e le terribili conseguenze. Nonostante ora abbia un nuovo nome e una nuova vita, a momenti il dolore sembra ancora troppo forte per poter dimenticare quello che è stato e permettergli di guardare al domani con fiduciosa speranza.
In altri momenti, invece, Tobias si convince che in fondo si può vivere anche rinunciando ai sogni a cui si credeva da piccoli, quando la luna sembrava fatta d’argento luminoso, e non si percepivano squallore e miseria. Per farlo però bisogna attaccarsi a tutto, anche all’amore di una donna immaginaria, se questo può strappare da un destino anonimo e solitario, come quello di coloro che “chiudono le loro porte a doppia mandata e aspettano pazientemente che la vita passi”.
La sofferenza che la Kristof impone al suo protagonista (e di conseguenza anche a noi lettori) si trasforma nella disarmante consapevolezza che fino all’ultimo si resterà col fiato sospeso, per scoprire se il passato di Tobias si riappacificherà con il presente, se le sue insoddisfazioni e la sua sofferenza, che lo avvicineranno anche alla morte, troveranno finalmente la pace meritata.
Cosa ne pensate?? Se avete letto il libro (ma anche se non lo avete letto!) aspetto le vostre impressioni qui sotto!
Cat.
Autore: Agota Kristof
Titolo: Ieri
Editore: Einaudi
Pagine: 99
Anno: 2012
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