Correva l’anno 1981…
E nell’aria risuonavano le note del brano “Fiume Sand Creek” di Fabrizio De Andrè.
Cari amici di EC Shivers’ oggi, grazie ad un balzo in avanti di qualche anno, ci ritroviamo nei primi anni ottanta in compagnia del nostro nuovo personaggio.
Parlare di Fabrizio De Andrè è una grandissima responsabilità perché siamo di fronte al cantautore per eccellenza, quello che troviamo anche nei libri di scuola e che possiamo definire il “mostro sacro” di tutti i cantautori italiani.
Fabrizio nasce a Genova, nel quartiere Pegli, il 18 febbraio del 1940 da una famiglia di origini Piemontesi. Suo padre pur avendo origini modeste arriva ad essere presidente della fabbrica Eridiana e vicesindaco di Genova mentre sua madre proviene da una famiglia benestante.
Il periodo della guerra Fabrizio lo passa da sfollato nella casa in campagna di proprietà della famiglia nell’Astigiano per poi rientrare a Genova nel dopoguerra.
Frequenta le scuole elementari e medie in istituti privati, prima dalle suore e poi dai gesuiti, e già si distingue per il suo carattere molto particolare. Successivamente frequenta il liceo classico fino ad arrivare all’università alla facoltà di giurisprudenza non senza aver prima girovagato per altri corsi.
Nonostante fosse molto vicino alla laurea lascia gli studi per dedicarsi alla musica folgorato dall’ascolto dei lavori di Georges Brassens.
Le sue frequentazioni sono Luigi Tenco, Umberto Bindi, Gino Paoli e Mario De Sanctis e la sua passione è per la musica Jazz.
La sua giovinezza è molto avventurosa e tumultuosa, a diciotto anni lascia la casa dei genitori per andare a vivere da un suo amico, la sua prima ragazza si dice fosse una prostituta e con il suo amico d’infanzia Paolo Villaggio s’imbarca l’estate sulle navi da crociera per fare il musicista di bordo.
Nel 1961 conosce “Puny” (Enrica Rignon), figlia di una facoltosa famiglia genovese, che frequenta e che sposa dopo qualche mese perché incinta.
Nel 1962 nasce suo figlio Cristiano e quindi è costretto a rendere un po’ più regolare la sua vita, infatti accetta l’incarico di vicepreside in una scuola del padre ma non durerà molto.
Il suo primo matrimonio finisce a metà degli anni settanta e nello stesso periodo inizia la sua relazione con Dori Ghezzi che sposerà nel 1989.
La sua carriera ha una svolta nel 1964 grazie al brano “La canzone di Marinella” che un po’ di tempo dopo sarà portata al successo da Mina; nella sua lunga vita artistica ha inciso in studio soltanto 13 album e quello che contiene il brano scelto è l’undicesimo. De Andrè scompare a Milano l’11 gennaio del 1999, proprio alle soglie del nuovo secolo, a causa di un tumore ad un polmone.
Forse fra di voi c’è qualcuno che non sa che Fabrizio De Andrè:
- è stato vittima di un tentativo di molestia sessuale quando frequentava le scuole medie. Inizialmente, a causa della sua reazione, venne espulso dall’istituto nel tentativo di evitare uno scandalo ma successivamente, grazie all’intervento del padre, venne allontanato il gesuita e reintegrato Fabrizio.
- ha parlato di se usando la seguente frase “ Lessi Croce, l’Estetica, dove dice che tutti gli italiani fino a diciotto anni possono diventare poeti, dopo i diciotto chi continua a scrivere poesie o è un poeta vero o è un cretino. Io, poeta vero non lo ero. Cretino nemmeno. Ho scelto la via di mezzo: cantante”
- ha scritto una gran parte dei testi dell’album “Senza orario e senza bandiera” del gruppo dei New Trolls suoi concittadini
- negli anni settanta, a causa della sua vicinanza a certi ambienti politici, è stato spiato dai servizi segreti
- nell’agosto del 1979 insieme a Dori Ghezzi fu rapito dall’anonima sarda e rilasciato quattro mesi dopo grazie al pagamento di un riscatto
La canzone in questione, che appartiene al disco “Fabrizio De Andrè” è forse una delle più note dell’album insieme “Hotel Supramonte”.
“Si son presi il nostro cuore sotto una coperta scura
Sotto una luna morta piccola dormivamo senza paura
Fu un generale di vent’anni
Occhi turchini e giacca uguale
Fu un generale di vent’anni
Figlio d’un temporale”
Ma il 1981, oltre che per la suddetta canzone, può essere ricordato anche per l’inizio della fortunata trasmissione Quark e per la tragedia di Vermicino.
Nel mese di marzo Piero Angela, che ha già lasciato la conduzione dei notiziari televisivi, veste i panni del divulgatore scientifico e debutta con la sua creatura “Quark”, una trasmissione che porta la scienza nelle case di tutti gli italiani. Lo sforzo, riuscito, è quello di rendere fruibile a tutti la conoscenza scientifica, perlomeno al livello dei concetti principali. Un valido aiuto in questo nuovo lavoro Angela lo ottiene da Bruno Bozzetto che, con i suoi fumetti, rende tutto più facile e comprensibile. Piano piano il progetto cresce ed affronta tanti nuovi temi e, successivamente, al fianco di Piero compare anche suo figlio Alberto che oggi ha ereditato il testimone. Dopo trentasei anni questa trasmissione, nelle sue evoluzioni, è ancora uno dei migliori prodotti delle nostre reti televisive RAI.
Nel mese di giugno, a Frascati, il piccolo Alfredo Rampi nel tornare a casa cade in un pozzo artesiano della profondità di 80 metri e con un diametro inferiore ai 30 centimetri. Seguono tre giorni di grandi sforzi per cercare di salvare il bambino che invece non ce la farà. Durante la vicenda la RAI sarà presente con un programma non stop che terrà incollati al video milioni di Italiani ed io sono stato uno di quelli. La vicenda ebbe talmente eco che sul luogo si recò anche l’allora Presidente della Repubblica Sandro Pertini. Tutte le problematiche riscontrate nella triste esperienza stimoleranno e favoriranno, l’anno successivo, la nascita della Protezione Civile.
Fra le persone di rilievo scomparse in questo anno mi piace ricordare Bob Marley, uno dei più grandi se non il più grande esponente della musica Reggae, Rino Gaetano, del quale ho parlato nell’articolo precedente (Correva l’anno 1975 …) ed infine Eugenio Montale, uno dei tre principali poeti della corrente ermetica a cui sono particolarmente legato.
Dal punto di vista personale il 1981 lo ricordo volentieri per due motivi, il primo è il regalo, che sarebbe dovuto essere il regalo di laurea, che mi fece mio padre in occasione del suo ritiro dal lavoro, la mia prima auto ovvero la mitica Renault 5 rossa, ed il secondo il mio primo lavoro legato ad un titolo di studio, la supplenza come insegnante di laboratorio all’Istituto Tecnico nel quale mi ero diplomato.
Della Renault rossa ricordo ancora in modo nitido il giorno che siamo andati ad ordinarla ed il giorno del ritiro. Il primo fu, ovviamente, in compagnia di mio padre che doveva staccare l’assegno, ma il secondo, per il ritiro, andai da solo. Quando fui montato in macchina ed uscito dalla concessionaria, orgoglioso del mio bolide nuovo e luccicante, mi accorsi che sul cruscotto rimaneva accesa una spia gialla e preoccupato ritornai indietro a chiedere spiegazioni. Il concessionario, con un sorriso che era tutto un programma, mi spiegò che dovevo soltanto premere un pulsante per “togliere l’aria” e che era una cosa nota a tutti, avevo fatto la figura del pivello!
Della supplenza ricordo con piacere la scena del mio primo giorno in una seconda classe alla quale dovevo tenere lezioni di Fisica.
Il gruppo era definito in modo bonario “vivace” ed io, a gennaio, ero già il quarto insegnante. Mi ero recato proprio quella mattina, saltando le lezioni all’università, in segreteria per prendere servizio e la segretaria dopo le prime direttive e la consegna dei registri mi accompagnò in classe.
Mi introdusse velocemente agli studenti, che continuarono noncuranti ad urlare ed a tirarsi addosso di tutto, e se ne andò alla velocità della luce.
Presi il coraggio a quattro mani ed entrai definitivamente in classe chiudendo dietro di me la porta. Mi avvicinai nella confusione generale alla cattedra e, non so come feci ad avere l’idea, appoggiata la borsa sopra mi sedetti sul bordo mettendomi in silenzio a guardare i ragazzi.
Piano piano, sentendosi osservati, gli studenti cominciarono a prendere posizione sulle seggiole ai loro banchi salvo uno, il ripetente capo banda, che con gesto di sfida si mise a sedere sul piano del banco ovviamente posizionato in ultima fila. Passarono altri secondi, che sembrarono un’eternità, ed anche il brusio finì e scoppiò il silenzio. Con voce bassa ma decisa iniziai a parlare e mi presentai a loro spiegando che capivo il disagio della situazione ma che se volevamo raddrizzare un’annata nata male l’unico modo era quello di darsi una mano a vicenda.
Da quel momento iniziò un’esperienza bellissima che mi porto ancora dentro con grande soddisfazione.
All’ultima lezione dell’anno il “capo banda”, con il quale avevo instaurato un ottimo rapporto, nel silenzio generale mi si avvicinò e mi consegnò, a nome della classe, un pacchetto regalo.
All’interno c’era una penna con un biglietto contenente una bella dedica che gelosamente ancora conservo.
Anche questo viaggio è finito, ci risentiamo fra due settimane per il prossimo.
Saluti Mr.
Bel post con tanti ricordi…
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Buongiorno e grazie, mi scuso per il ritardo nella risposta ma le mie frequentazioni del sito non sono molto continue. Mi fa piacere che il post sia piaciuto anche se la canzone non è certo una delle più conosciute, indubbiamente l’associare la canzone e l’anno limita un po’ perché molte belle canzoni sono relative ad anni già trattati ma vedremo in futuro come fare a recuperare. Un saluto.
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