Storici e bio

RECENSIONE: “Le assaggiatrici” di Rosella Postorino

Titolo: Le assaggiatrici
Autore: Rosella Postorino
Editore: Feltrinelli (Collana: I narratori)
Pagine: 285
Anno: 2018
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VOTO: 3,5/5
3,5stelle

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Vincitrice del Premio Campiello 2018, Rosella Postorino non è una scrittrice dilettante; al suo attivo ha già quattro romanzi e una pièce teatrale. Come lei stessa ha dichiarato in un’intervista, l’idea per Le assaggiatrici le è venuta leggendo un trafiletto sulla vera storia di Margot Wölk, una delle donne scelte dal Reich per assaggiare i cibi di Hitler nella caserma di Krausendorf, la cosiddetta “tana del lupo”.

KRAUS
(Margot Wölk, una delle assaggiatrici di Hitler) Foto del web

Il rischio era quello di comporre l’ennesima opera sul nazismo, ricca di inutili patetismi e morbosi dettagli truculenti. La Postorino si è salvata. Qualche patetismo c’è e forse si poteva evitare, ma la vera pecca del romanzo è quella di aver cercato di modernizzare un po’ la protagonista e il suo ambiente, inserendo qua e là comportamenti, pensieri ed opinioni forse più vicini alla nostra contemporaneità, che all’epoca degli anni ’40. Va comunque detto che questo è il problema di tutti i romanzi, che partono da una base storica, ma non vogliono per questo essere considerati opere storiche. La scrittrice ha inoltre lasciato una dichiarazione che ci può essere d’aiuto in questo contesto: “Per avvicinarmi a Rosa Sauer, donna molto lontana da me, una giovane degli anni ’40, sposata, con un marito al fronte, testimone di una guerra e di una dittatura, mi è venuto spontaneo conferirle caratteristiche di me stessa: il nome, la passione per il canto, l’abitudine ad immergersi in domande di carattere teologico”.

Rosa Sauer è dunque colei che, nell’immaginazione della Postorino, rappresenta un po’ se stessa e un po’ Margot Wölk. Rimasta sola, dopo la partenza per il fronte del marito Gregor, è stata scelta, insieme ad altre dieci donne (donne diverse, chi sposa, chi madre, chi nubile, ma pur sempre donne e quindi carne più facilmente sacrificabile in tempo di guerra) per assaggiare tre volte al giorno i pasti (rigorosamente vegetariani), che sarebbero poi stati serviti al Fuhrer.

Rosa si chiede spesso perché sia stata scelta, non è attiva nel partito e non brilla per nessuna qualità particolare. Ma è lì tutti i giorni a rischiare la propria vita per salvare quella di un uomo, che ha mandato suo marito a combattere e che ha permesso che sua madre morisse sotto i bombardamenti di Berlino. Alla fine di ogni mese, Rosa riceve dalle mani delle SS una busta, contenente il suo compenso, di gran lunga superiore a quello che guadagnava con il suo lavoro nella capitale tedesca. Continua a ripetersi che è una mansione come un’altra, ma il rimorso la logora.

La prosa di Rosella è intensa, anche se fatta spesso di frasi brevi, come piccoli lampi di luce. Si sa che lo stile moderno aborrisce i periodi più ragionati, ed è un peccato, ma Rosella è piuttosto brava a mantenere il giusto equilibrio e a non scrivere nulla di scontato.

La sua protagonista è una donna che spera ancora nel futuro, ma che ha anche già molto sofferto e la cui vita è stata tutta scandita dagli eventi bellici: la nascita il 27 dicembre 1917, la morte della madre, il successivo trasferimento da Berlino alla Prussia orientale, l’improvvisa solitudine dopo appena un anno di matrimonio, e adesso il lavoro per Hitler.

Ne viene fuori il ritratto di una donna in gabbia, serrata in una condizione ambigua e terribile, a metà tra l’adorare e il rifiutare quel cibo dal gusto così buono e quasi dimenticato, a causa delle privazioni che la guerra porta inevitabilmente con sé. “La capacità di adattamento è la maggiore risorsa degli essere umani, ma più mi adattavo e meno mi sentivo umana” afferma Rosa in un significativo passo del libro. Come ci si può ribellare ad un regime totalitario che ha il potere di decidere su tutto, persino sulla vita? Fino a che punto riusciamo ad adattarci ad una situazione che comunque, dentro di noi, non accettiamo?

Una storia profonda, fatta più di riflessioni interiori, che di azioni, ma che scorre sinuosa e sa farsi leggere. Alcuni dialoghi tra Rosa e le altre donne, o tra Rosa e il cuoco personale di Hitler (detto Krümel “briciole”), non devono ovviamente esser presi per reali, ma sono occasioni per far riflettere il lettore sulla pericolosa capacità ammaestratrice, che un regime dittatoriale è in grado di mettere in atto.

Quello della Postorino è un libro che affronta una pagina della storia del nazismo ancora inedita e meritevole di essere approfondita: nonostante i piccoli difetti fin qui citati, gliene va dato atto. Già si parla infatti di girarne un film e si vocifera che sarà Alicia Vikander ad interpretare Rosa Sauer. Speriamo però che non si tratti dell’ennesima pellicola strappalacrime sul tema, girata solo per ottenere facili incassi, ma che segua fedelmente il libro e faccia germogliare utili riflessioni anche per il nostro presente.

Un saluto a tutti e al prossimo libro!

Cat.

 

 

4 pensieri su “RECENSIONE: “Le assaggiatrici” di Rosella Postorino”

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