“O” come la parola Orso contenuta nel titolo dell’album di Antonello Venditti ”L’orso bruno”.
Questo disco, che ho acquistato usato, rappresenta uno dei capisaldi della mia discoteca perché è quello che mi ha fatto conoscere l’artista Venditti, uno dei cantautori che preferisco. Non so quante volte l’ho suonato sul mio giradischi ma, nonostante si senta ancora bene, credo che sia abbastanza consumato.
Siamo, manco a dirlo, agli inizi degli anni settanta e dopo un lavoro in coppia con Francesco De Gregori, Theorius Campus (1972), esce il primo album di Antonello Venditti dal titolo L’Orso Bruno (1973).
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In un momento in cui i cantautori erano, quasi sempre, armati di chitarra ed usavano semplici musiche, Antonello sceglie di usare il suo pianoforte e di proporre canzoni con una musica un po’ più “ricca”.
Questa scelta e l’indubbia bravura hanno fatto sì che, da questo lavoro del 1973 ai giorni nostri, Venditti ha prodotto un gran numero di dischi molti dei quali sono stati grandi successi. Le tematiche preferite dall’artista sono l’amore e l’impegno politico e sociale.
Il lavoro in questione contiene diverse canzoni che io reputo fra le più belle della produzione del cantautore come L’Orso Bruno, Il mare di Jan e Sottopassaggio.
La lista delle canzoni contenute nel disco è la seguente:
Lato A
1- E li ponti so’ soli
Questo brano è una struggente e stupenda fotografia di una vecchia popolana romana.
“Quando er Tevere sogna e li ponti so’ soli
una vecchia se prepara pe’ dormì.
Sembra sola da mille anni, ma il suo viso è ancora bello
e li gatti loro sì che la sanno apprezzà.
E sta vecchia tutta sola ha patito mille pene
e cor fegato magnato sempre zitta, zitta, zitta.”
2- L’uomo di pane
Qui troviamo la tematica dell’essere contro, Venditti non spiega quale rifiuto abbia fatto Giò (l’uomo di pane) ma questo gli costa fatica e sofferenza.
“Un uomo solo, una strada e il sole piange oro.
Una pagnotta, uno zaino pieno e la sua ombra è un punto nero.
Questo e Giò che lascia la terra,
questo è Giò ha la schiena piagata dal sole.
Questo è Giò io l’ho visto frustare,
questo è Giò il giorno che si sposò.”
3- L’ingresso della fabbrica
In questo brano ritroviamo anche Francesco De Gregori che insieme ad Antonello ha firmato il testo. Possiamo parlare, anche in questo caso, di una bella istantanea che ha per protagonista un’operaia e le sue amiche all’ingresso della fabbrica.
“L’ingresso della fabbrica e il sole che comincia
le tue labbra senza rossetto.
Le tue amiche “Bolero film” continuano a sognare di sognare
ancora le mille storielle d’amore, strane come il tuo bambino.
Autobus pieno come la culla di Gesù, di Gesù.
I tuoi occhi piangono speranze in bianco e nero
aspetta all’uscita un uomo sposato con l’850 grigio topo.
Povero amore, povero amore povero amore stasera, domani, stasera, domani, qualcosa rimane come il tuo bambino.”
4- Lontana è Milano
In questa canzone si parla di emigrazione argomento di grande attualità anche oggi ma se fate i conti la canzone ha la bellezza di quarantacinque anni.
“Lontana è Milano dalla mia terra
2000 miglia più a Sud.
La nebbia non c’è, la pioggia nemmeno
lontana è Milano dalla mia terra.
Lontana è la casa del mio padrone
2000 treni più a Nord
guadagno la fame sognando il ritorno.
Lontana è la casa del mio padrone
La gente parte per far fortuna
2000 sogni più in su, i vecchi
son stanchi, le donne di aspettare
i treni fischiano un addio.”
5- L’orso bruno
Qui siamo davanti ad un pezzo che è pura poesia, stupendo sia nelle parole, che prendono spunto dal letargo di un orso, che nella musica.
“Quando la luna della foresta dipinge il fiume e la montagna
un altro inverno senza dolore posa le ali sulla tua terra.
Stai già sognando lunghe stagioni e mele acerbe da regalare
a chi ti aspetta senza parlare nel tuo castello di roccia scura.
Dopo l’inverno la primavera sveglia le cose con la sua pioggia
mentre i tuoi occhi chiusi nel sonno stanno aspettando il suo richiamo.
Dio delle foglie! Dio della valle! Lui ti ringrazia per questo sonno
fa che il destino non sia crudele per un tuo figlio sempre fedele.”
Lato B
1- Il mare di Jan
La canzone parla, attraverso la storia di Jan Silbeling, di quanto sia facile traviare dalla giusta strada indicata dai genitori (in questo caso dal padre) per cercare guadagni facili e successo. Bellissima la musica con il finale che in un crescendo stile Bolero ripete le parole della protesta del 1968.
“Jan Silbeling pregava tutti i giorni in una chiesa sconsacrata dal dolore. Quando suo padre morì gli disse: “Figlio mio, guardati intorno,
il mare è accanto a te, vedrai che troverai anche Dio”.
Allora Jan partì con il suo mulo e nelle scarpe una foto di suo padre,
quando lui vide da lontano un uomo ricco gli disse:
“Amico mio, sei bello come Dio, dammi un posto accanto a te;
la mia testa, le mie tasche sono vuote,
ti darò il mio cuore e la foto di mio padre”.
Nel rifugio di “Dio” tra donne, argento e miele si ubriacava
della sua stessa vita non si ricorda più la chiesa sconsacrata
e il mare adesso non lo ricorda più.
Ce n’est qu’un début continuons le combat”
2- Dove
Nel brano finalmente troviamo l’amore ma anche la malinconia, la noia e la disillusione.
“Ho preso il cappotto, la mia sciarpa e la mia grande illusione.
Sono uscito di casa per andare
dove finisce il freddo, dove comincia un altro ghetto.
C’è un bar aperto, voglio farmi un punch,
ho il cuore freddo stasera.
Una ragazza mi dice: “Signore, dove la debbo servire,
dove porterò il suo punch?”.
Dove ti ho lasciato andare amore, dove ho lasciato me.”
3- Sottopassaggio
L’album si conclude con un’altra fotografia o se preferite un quadretto di due personaggi, il passante ed il cieco che si procura da mangiare suonando il suo strumento nel sottopassaggio. Anche questo brano ha un testo una musica bellissimi e conclude in modo degno un lavoro che, a mio parere, è forse il migliore del nostro artista.
“Suona più piano il cieco del sottopassaggio
sa che tra poco io gli sarò davanti.
La monetina cadrà e lui si toglierà il cappello
e il suo violino di nuovo suonerà.
Suona ad orecchio e ad orecchio io gli vado bene
per quell’istinto strano che unisce due persone.
Io quando posso gli ricordo il mondo che lui vuole
lui quando suona mi fa sentire uomo.
Vorrei parlarti cieco del sottopassaggio, vorrei fermarmi
e chiederti perdono per questi passi che tu non puoi vedere
ma se parlassi io non sarei più buono.
Vorrei portarti in cima al grattacielo e poi gridarti:
“ecco la tua città”, tu capiresti e mi dispiacerebbe.
La monetina cade, domani tornerò.”
Con questa canzone si conclude il nostro appuntamento sulla lettera “O”, fra qualche giorno ci risentiremo per vedere cosa ci porterà la lettera “P”.
Un abbraccio, Mr.
2 pensieri su “ABC del Vinile: O come”L’orso Bruno” di Antonello Venditti”