“Q” come Quelli, parola contenuta nel titolo dell’album “Quelli che…” di Enzo Jannacci.
Nel 1975 Enzo Jannacci (3 giugno 1935 – 29 marzo 2013) pubblica il suo sesto album “Quelli che …” da molti considerato il suo miglior lavoro. Nella classifica degli Lp’s top 100 di quell’anno lo troviamo al 91-esimo posto e la rivista Rolling Stone lo inserisce nella 97-esima posizione dei dischi italiani più belli di sempre. L’album non è sicuramente di facile ascolto, come molte opere di Jannacci, ma le canzoni in esso contenute sono tutte di pregevole fattura.
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Il pezzo che dà il titolo all’intero disco, che è stato scritto dal compianto e noto giornalista sportivo Beppe Viola e musicato dallo stesso Jannacci, mi ha sempre richiamato il brano Il cielo è sempre più blu di Rino Gaetano; ambedue, per le caratteristiche del testo (una lista di modi di dire, di luoghi comuni etc) possono essere adattati facendo rimanere la canzone di grande attualità.
Nel disco sono contenute le seguenti canzoni:
Lato A
1- Quelli che…
Il pezzo, della durata di circa nove minuti, elenca in modo disordinato le caratteristiche ed anche le contraddizioni dell’uomo medio, Jannacci (come detto in precedenza) ci ha giocato sopra più volte modificando il testo e rendendo la canzone adatta al momento in cui la interpretava.
“Quelli che cantano dentro nei dischi perché ci hanno i figli da mantenere, oh yeh!
Quelli che da tre anni fanno un lavoro d’equipe convinti d’essere stati assunti da un’altra ditta, oh yeh!
Quelli che fanno un mestiere come un altro.
Quelli che accendono un cero alla Madonna perché hanno il nipote che sta morendo, oh yeh!
Quelli che di mestiere ti spengono il cero, oh yeh no!
Quelli che Mussolini è dentro di noi, oh yeh!
Quelli che votano a destra perché Almirante sparla bene, oh yeh!
Quelli che votano a destra perché hanno paura dei ladri, oh yeh!
Quelli che votano scheda bianca per non sporcare, oh yeh!
Quelli che non si sono mai occupati di politica, oh yeh!”
2- El me indiriss
Questa canzone è autobiografica e parla dell’infanzia dell’artista.
“El me’ indiriss de dûe sün nassü
mi me le ricordavi gnanca pû:
a l’era una câ vecia e per pissà,
tripli servissi, sì, ma in mess al prà!
El me indiriss de dûe sün nassü
me l’han ricordà iér, dentr’in Común:
cercavi un docümént de residénsa
e mi, m’è vegnü in ment tutta l’infansia…
a s’erum una banda de sês fieu;
volevum trà per aria tutt’el mund,
fasevum la colletta alla mattina
per quatter Alfa e dû Espurtasiún
Turnavi a cà la sera, e la mia mamma
la me nettava el nas tutt spurch’de sang’
perchè la legge l’era de dài via,
ma l’era anca quella de ciapànn!”
3- Il monumento
Questo brano, che prende spunto da una poesia di Bertolt Brecht, è un manifesto contro la guerra.
“Il nemico non è, no non è
oltre la tua frontiera;
il nemico non è, no non è
oltre la tua trincea;
il nemico è qui tra noi,
mangia come noi, parla come noi,
dorme come noi, pensa come noi
ma è diverso da noi.
Il nemico è chi sfrutta il lavoro
e la vita del suo fratello;
il nemico è chi ruba il pane
il pane e la fatica del suo compagno;
il nemico è colui che vuole il monumento
per le vittime da lui volute
e ruba il pane per fare altri cannoni
e non fa le scuole e non fa gli ospedali
per pagare i generali, quei generali
quei generali per un’altra guerra…”
4- L’arcobaleno
Canzone al ritmo di Samba che si ispira ad un brano di Cochi e Renato di qualche anno prima.
“L’arcobaleno arriverà
Sol per chi ci avrà il coraggio di restar,
di restare sul balcone ad aspettare
fin che arriverà l’arcobaleno.
L’arcobaleno arriverà
Ma chi è chiuso in officina non lo sa
Che nemmeno dal balcone lo vedrà
Dato che è caduto quello là.
L’arcobaleno è questo qua,
tra le luci di un lussuoso tabarin,
l’ha inventato un architetto che sa ben
che anche voi volete aver l’arcobaleno.”
LATO B
1- Vincenzina e la fabbrica
Questo pezzo che apre il secondo lato è, insieme a quello che apre il primo, il più famoso dell’album e narra la storia di una ragazza che per la prima volta scopre la vita della fabbrica. Oltre al bel testo è da apprezzare l’ottimo arrangiamento jazz.
“Vincenzina davanti alla fabbrica,
Vincenzina il foulard non si mette più.
Una faccia davanti al cancello che si apre già.
Vincenzina hai guardato la fabbrica,
come se non c’è altro che fabbrica
e hai sentito anche odor di pulito
e la fatica è dentro là…”
2- Il Bonzo
La canzone è ispirata alla morte Thích Quang Duc il monaco buddista Vietnamita che si diede fuoco nel 1963 per protesta nei confronti del presidente del Vietnam del sud colpevole di opprimere la filosofia buddista. Nelle strofe successive il concetto di libertà si amplia con esempi più attinenti al nostro quotidiano.
“A un, a du, a un du tri quatr…
M’han detto che un bonzo
(“un bonzo… chi è?”)
Un prete buddista
(“ah!”) si è bruciato
(“‘sto bonzo…”)
Si è cosparso di benzina
nella piazza principale e poi ehhhhhh…
(“Che cosa è successo?”)
Niente!
S’è dato fuoco da sè
perché vuole la libertà”
3- 9 di sera
Il brano deriva da una traduzione di una canzone di Chico Barque, che ne dite sono stati dei veggenti riguardo alla TV?
“Nove di sera, solo un uomo è per la via
non accetta compagnia, però a casa non ci va
la gente a casa non è più come una volta
ora sono tristi e muti qui davanti alla tivù
…
Gli innamorati non inventano più nulla
tanto il riso come il pianto glielo insegna la tivù
La vita stessa resterà a guardare muta
quella vita più vissuta, che si vede alla tivù”
El marognero
Praticamente un brano strumentale con parole in libertà.
Anche la lettera Q va in archivio, a presto per la lettera R.
Ciao, Mr.