Narrativa italiana

RECENSIONE: “Stirpe” di Marcello Fois

Titolo: Stirpe
Autore: Marcello Fois
Editore: Einaudi (Collana: Supercoralli)
Pagine: 240
Anno: 2009
LINK D’ACQUISTO AMAZON: Stirpe
VOTO: 4/5
4stelle


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Marcello Fois era uno dei nomi che avevo annotato sul mio taccuino, girovagando tra gli stand delle case editrici presenti a Firenze Libro Aperto, la fiera tenutasi poco più di un mese fa nella stupenda cornice della Fortezza da Basso.

Di recente riapro il taccuino e nonostante le centinaia di libri che ho ancora da leggere in casa, decido di recarmi in biblioteca per prendere Stirpe, la cui trama, letta alla Fiera, mi aveva incuriosita da matti. Scommetto che molti di voi mi capiranno e leggendo queste righe annuiranno, sorridendo.

Non so se ormai, dopo tanti anni di esperienza, il mio fiuto da lettrice incallita sia divenuto infallibile…fatto sta che non rimango delusa neanche questa volta! Anzi, vi consiglio fin da subito di dare una chance a quest’autore italiano contemporaneo, perché merita veramente. E vi spiego il perché.

Marcello Fois è uno scrittore sardo, e in Sardegna ambienta di solito le sue storie. Quella di oggi si svolge infatti a Nuoro, dalla fine dell’Ottocento agli anni Cinquanta del Novecento, e i suoi protagonisti sono i componenti della famiglia Chironi. È un romanzo e una saga familiare insieme, ma attenzione: in esso non troverete nulla di inventato. Fois richiama alla memoria la Sardegna dei nostri bisnonni e dei nostri nonni, quella attaccata alla terra e al lavoro, quella che guarda di malocchio la modernità, e quella che viene sfruttata dalle camicie nere del fascismo. La stirpe dei Chironi e la Nuoro in cui essi vivono sono lo specchio, su cui si riflettono gli eventi storici e i cambiamenti sociali e culturali di un’Italia, che nonostante il 1861, è ben lontana dal potersi definire unita.

I due capostipiti della famiglia Chironi sono Michele Angelo e Mercede. Michele Angelo è un giovane fabbro, vissuto sempre in orfanotrofio, prima di essere scelto e allevato da un buon uomo di nome Giuseppe. Quando un giorno incontra Mercede, che ha appena sedici anni, entrambi sanno ormai da tempo di poter contare solo su se stessi. Tra di loro c’è appena uno sguardo, ma in quello sguardo c’è già tutto: la promessa di matrimonio, la nascita dei figli, il duro lavoro che li attende.

Così gli anni passano e la famiglia si allarga: dopo i gemelli Pietro e Paolo, vengono alla luce Gavino, Luigi Ippolito e Marianna. Più Michele Angelo si spezza la schiena in officina e la prosperità dei suoi cari aumenta, più però gli eventi personali precipitano e sui Chironi si abbatte tutta una serie di terribili disgrazie e sciagure. Se avrete letto almeno una volta i Malavoglia di Verga, potrete farvi un’idea di che cosa stia parlando.

In alcune recensioni è stato detto che quello di Fois è un libro troppo pessimista; personalmente non sono d’accordo. A parer mio non si tratta di un libro troppo pessimista, ma piuttosto eccessivamente realista, tanto sono belle e allo stesso tempo strazianti certe pagine e descrizioni. Non bisogna mai dimenticare che ci troviamo nella Sardegna del Novecento, e non nella Roma del boom economico, tra cinema, sfarzi e luci. Quindi non vedo perché l’autore avrebbe dovuto snaturare le sue radici e la storia del paese in cui è vissuto (a cui è evidentemente molto legato), per delineare una fiaba dai toni artefatti. Sarebbe stata un’opera del tutto diversa, che non avrebbe di certo sentito sua.

Vero è che in Stirpe son più le parti in cui ci si commuove e si prova un vero e proprio dolore fisico, di quelle in cui si sorride spensierati, ma la bravura dello scrittore sta esattamente in questo: utilizzare tali forti sentimenti per restituire, anche a coloro che non l’hanno vissuto (come me), quel preciso periodo storico in quella precisa realtà, e far capire che quello che racconta non è finzione. Per questo sono convinta che con Stirpe Fois abbia dato vita ad un monumento alla memoria nel senso più profondo del termine.

Detto ciò, ho trovato eccellente la delineazione psicologica dei personaggi e la scrittura, che è pura maestria quando si rivela capace di far capire anche senza dire. Fois sa trasmettere in modo naturalmente eccezionale sia il dolore di una madre alla perdita del figlio, che il profondo affetto di un fratello maggiore per il minore.

Come lettori seguiamo le vicende dei personaggi e siamo insieme a loro, nonostante la nostra condizione sociale (ed economica) sia oggi chiaramente ben diversa da quella di allora. Siamo lì quando Gavino diventa attivista antifascista, e quando Marianna si sposa, o quando Luigi Ippolito parte per il fronte. Partecipiamo ai loro intimi pensieri, alle preoccupazioni dei genitori, persino alle malelingue dei paesani, e le frasi eteree di Fois ci gettano in uno stato di immedesimazione totale, che ci sorprende spiazzandoci. Non esistono più le ristrette dimensioni regionali o temporali: il libro diventa universale e parla direttamente al nostro animo.

“Dulcis” in fundo le note dolenti motivo del mio voto. Ebbene sì: se infatti non ci fossero state quelle parentesi poetiche, molto spesso incomprensibili, o comunque un po’ avulse dal contesto, e la storia sulla genealogia dei Chironi fosse stata più coincisa, Stirpe sarebbe stata un’opera degna dei più alti premi letterari. È quindi un peccato che così non sia e che la lettura ne risulti un po’ infastidita. Ciò non toglie che sia un romanzo bellissimo, meritevole di lettura (e rilettura) per tutti i motivi sopradetti.

Se qualcuno di voi ha già sperimentato questo libro o altro di Fois, mi lasci un commento! 😉 Mi farebbe davvero piacere leggere le vostre opinioni!

Cat.

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