Classici

RECENSIONE: “La lettera scarlatta” di Nathaniel Hawthorne

Titolo: La lettera scarlatta
Autore: Nathaniel Hawthorne
Editore: Newton Compton
Pagine: 127
Anno: 2013
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VOTO: 3/5
3stelle

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Pubblicato nel 1850, La lettera scarlatta è ormai considerato un classico della letteratura statunitense, pur non essendo, dobbiamo ammetterlo, tra i migliori libri mai scritti.

Ambientato nella puritana e bigotta Nuova Inghilterra del XVII secolo, il romanzo ha come protagonista Hester Prynne, una donna forte e coraggiosa, nonché molto avvenente, che giunta sola in una nuova comunità, poiché il marito pare esser rimasto vittima degli indiani pellerossa, cerca di condurre una vita dignitosa, immersa nella lettura e nei lavori domestici.

Una donna senza marito è però qualcosa di estremamente sospettoso per la comunità, che ben presto comincia a far circolare pettegolezzi su Hester e su tutto ciò che la riguarda. Figuriamoci, poi, quando si viene a scoprire che la donna è incinta di un figlio bastardo, concepito al di fuori del matrimonio e del cui padre ella non vuole assolutamente rivelare il nome. Uno scandalo inammissibile, che si insinua come la peste tra le vie della colonia. Tutte le maldicenze dette fino a quel momento trovano conferma: Hester è per tutti l’incarnazione del Peccato e del Male, e non sono pochi quelli convinti che la donna si sia unita niente meno che col Diavolo in persona.

In realtà, il padre della figlia di Hester è il reverendo Dimmesdale, un uomo buono e profondamente intelligente, amato e rispettato, nonché considerato da tutti alla stregua di un santo. Hester sa bene che uno scandalo del genere, per l’amato, vorrebbe dire nel migliore dei casi la fine della carriera e nel peggiore l’impiccagione, per cui si mostra pronta a tutto pur di difenderlo, accettando persino di passare mesi terribili in carcere e di indossare sui propri abiti una sfolgorante lettera scarlatta: la A di Adultera, che la accompagnerà sempre e la renderà subito identificabile a chiunque la incontri.

La trama non ha molti colpi di scena: il ritorno del marito di Hester crea una situazione di triangolo potenzialmente accattivante, che non viene però sviluppata appieno.

La lettura non è scorrevole. Troppe le riflessioni filosofiche e religiose, troppi i discorsi ampollosi e troppe le parti di cui si capisce con difficoltà il senso: una per tutte l’ampia introduzione, dove l’autore, con un espediente già usato dal Manzoni per conferire veridicità alla narrazione, ci racconta la scoperta di un manoscritto, contenente la storia di Hester, e del tessuto scarlatto, che un tempo servì a creare la famosa lettera. Estremamente noiosa e prolissa, nonché anticipatrice di certi dettagli della trama, che rovinano ogni sorpresa.

Uno dei personaggi più caratteristici è forse quello della vecchia Hibbins, che non giudica Hester per ciò che ha fatto e che rappresenta una summa di tutte le antiche superstizioni sulle streghe. Anche lei, infatti, donna fortemente indipendente, è al centro di mille pettegolezzi e vive separata dalla comunità, perché sentita come diversa. Per il resto non c’è un personaggio che susciti simpatia, e la storia fatica a decollare, il che è un peccato, visto che la trama aveva tutti i presupposti per essere un capolavoro, estremamente moderno per l’epoca.

Fatto positivo, che bisogna comunque riconoscere al libro e a chi lo scrisse, è la riflessione che ci porta a fare sulla religione e soprattutto sul fanatismo religioso, che in nome di credenze e superstizioni, subito condanna, segrega e isola. Un tema quanto mai attuale, che non risente degli oltre centocinquant’anni passati dalla pubblicazione del romanzo.

Concludo con il segnalarvi la trasposizione cinematografica del 1995 con Demi Moore (Hester), Gary Oldman (Dimmesdale) e Robert Duvall (marito di Hester). Un film non perfetto, forse un po’ melenso, ma di gran lunga più piacevole del libro!

So che ce ne sono stati anche altri, ma non li ho ancora visti! Per cui scrivetemi qua sotto tutti i vostri commenti, sia sui film, che sul libro ovviamente! Un saluto!

Cat.

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