Titolo: Ferite a morte
Autore: Serena Dandini
Editore: Rizzoli
Pagine: 215
Anno: 2014
Voto: 5/5
I frequenti femminicidi di questi giorni (un termine coniato apposta per indicare l’omicidio di donne uccise dai propri compagni e mariti), mi hanno fatto venire in mente un libro che avevo acquistato qualche tempo fa, dopo aver visto l’omonimo spettacolo teatrale.
Entrambi sono stati curati da un volto noto della tv, Serena Dandini, presentatrice di molti programmi amati dal grande pubblico come Parla con me, L’ottavo nano e La tv delle ragazze.
(Foto dal web)
Il tema di cui trattano sia il libro, che lo spettacolo, lo avrete intuito, non è uno scherzo, ma è drammaticamente attuale e pericolosamente in crescita. Molto spesso le donne non si accorgono del mostro che è il loro fidanzato, compagno o marito, fino a che non arriva il primo schiaffo, la prima prevaricazione violenta e perché no, anche la prima minaccia verbale.
La bellezza, se così la vogliamo chiamare, del libro curato dalla Dandini, è quella di dar finalmente voce a queste donne a volte sopraffatte dalla paura e dalla vergogna, donne di ogni estrazione sociale e di ogni parte del mondo, che raccontano in prima persona la loro esperienza, al fine di lanciare un monito alle altre donne lettrici: non fate il nostro stesso sbaglio, reagite, denunciate, fuggite, salvatevi.
Certo non è semplice; quanti ne abbiamo contati di casi di cronaca, in cui viene puntualmente sempre fuori che la vittima aveva denunciato e che la giustizia si è rivelata vergognosamente incapace di proteggerla. Quando poi si legge sui giornali di questi giorni che ben tre giudici di sesso femminile hanno assolto uno stupratore, perché la vittima era troppo somigliante ad un uomo (e quindi brutta) per poter essere stuprata, si capisce chiaramente che abbiamo toccato il fondo, anzi lo stiamo scavando.
Ecco che allora un piccolo spiraglio di luce ci arriva proprio da libri e spettacoli come quelli della Dandini, che da Donna con la D maiuscola, ha capito l’importanza di fare qualcosa in questo preciso momento storico, e se ne è presa la responsabilità, mobilitando attrici e volti noti di tutte le età, da Lella Costa, ad Angela Finocchiaro, a Geppi Cucciari, Irene Grandi, Vittoria Puccini e moltissime altre, per dimostrare che il teatro e la cultura in generale sono il mezzo più incisivo per fare prevenzione. Tutti noi dobbiamo tassativamente tornare ad essere sensibili verso certe tematiche, e a fare squadra, perché ogni donna che subisce violenza non si senta sola e abbandonata.
(Le attrici sul palco salutano il pubblico dopo una replica dello spettacolo teatrale)
Ogni donna è importante e speciale, ed ha un valore inestimabile che porta dentro di sé. Ciò non è collegato all’essere madre e moglie, ma all’essere donna in quanto tale. Spesso invece le donne sono a priori condannate (basti pensare al controllo delle nascite in Cina, alle terribili condizioni delle donne in India e in Africa, e alla disparità di trattamento tra uomini e donne in campo lavorativo in Europa).
Comunque si comporti, la donna sbaglia. Nel libro sono infatti presenti monologhi di donne intelligenti ed in carriera, uccise dai partner perché avevano cominciato a guadagnare più di loro. Ci sono invece storie di donne che nella vita hanno sempre subìto, e son passate dalla sottomissione al padre, a quella verso il marito. Donne vendute come merce di scambio per i più futili traffici, bambine-spose, prostitute, donne vittime di ormai anacronistiche credenze pseudo-culturali, come le mutilazioni genitali, o di governi maschilisti, che ne umiliano la dignità e ne restringono le libertà.
Troppo spesso, su troppi media, si sente parlare sempre e solo del carnefice (che cosa ha fatto, come lo ha fatto, cosa avrà pensato, quale sarà la sua riabilitazione); finalmente invece il progetto della Dandini e dei suoi collaboratori punta il riflettore sulla vittima, sui suoi pensieri, le sue paure e i suoi sogni stroncati, ridonandole completa dignità e forza.
Serena Dandini infatti ha dichiarato: “Ferite a morte nasce dal desiderio di raccontare le vittime di femminicidio. Ho letto decine di storie vere e ho immaginato un paradiso popolato da queste donne e dalla loro energia vitale. Sono mogli, ex mogli, sorelle, figlie, fidanzate, ex fidanzate che non sono state ai patti, che sono uscite dal solco delle regole assegnate dalla società, e che hanno pagato con la vita questa disubbidienza. Così mi sono chiesta: ‘E se le vittime potessero parlare?’ Volevo che fossero libere, almeno da morte, di raccontare la loro versione, nel tentativo di ridare luce e colore ai loro opachi fantasmi. Desideravo farle rinascere con la libertà della scrittura e trasformarle da corpi da vivisezionare in donne vere, con sentimenti e risentimenti, ma anche, se è possibile, con l’ironia, l’ingenuità e la forza sbiadite nei necrologi ufficiali. Donne ancora piene di vita, insomma. ‘Ferite a morte’ vuole dare voce a chi da viva ha parlato poco o è stata poco ascoltata, con la speranza di infondere coraggio a chi può ancora fare in tempo a salvarsi.”
Alcuni racconti, tutti comunque intorno alle cinque/dieci pagine, sono pugni allo stomaco, poiché l’utilizzo della prima persona ha l’effetto di mettere a contatto il lettore con ciò che legge in modo vivo e diretto, come se stesse realmente ascoltando un racconto (espediente ovviamente ancor più efficace nello spettacolo teatrale). A volte la tensione è smorzata da una lieve ironia, che non ha certo il fine di fare dell’argomento un argomento comico, ma bensì di lasciare un sorriso amaro e di rendere ancora più realistico l’espediente letterario.
In fondo al libro un ricco apparato di fonti utili ad approfondire quanto presentato nei monologhi, ed un glossario sulle molteplici definizioni di violenza, rendono ancor più completo ed esaustivo un progetto, il cui fine è già di per sé estremamente educativo ed importante.
Astenersi ricercatori di dettagli truculenti da serie tv americana: in questo libro non ne troverete.
Viva le donne, TUTTE. E viva gli uomini (sempre meno) che le amano nel modo giusto e le rispettano.
Cat.