Scritto da una Jane Austen appena quindicenne, nel 1790, il romanzo sorprende non tanto per la trama, quanto per l’abile capacità della giovanissima scrittrice di delineare psicologie e far emergere difetti e debolezze dell’animo umano. La Austen già dimostra quelle caratteristiche che saranno il fiore all’occhiello delle sue opere successive, conosciute, amate e tradotte in tutto il mondo.
Categoria: Narrativa straniera
RECENSIONE: “Che paese, l’America!” di Frank McCourt
Dopo qualche fallimento libraio, non vi nego che per un po’ volevo lasciar da parte la lettura e dedicarmi ad altro, ma poi ho pensato che tornare alla letteratura irlandese sarebbe stata probabilmente la mia ancora di salvezza. E così è stato...
RECENSIONE: “La donna mancina” di Peter Handke
Peter Handke è stato appena insignito del Premio Nobel per la Letteratura e potevo forse lasciarmi scivolare addosso questa notizia senza legger subito qualcosa di questo autore? Trovo in salotto La donna mancina, tra l’altro non uno dei titoli più sconosciuti, e decido di cominciarlo subito. Data la brevità, l’ho finito in due giorni e quella che troverete di seguito è la mia opinione a caldo. Ultimamente non sono stata molto fortunata con le mie letture.
RECENSIONE: “La fidanzata” di Anton Čechov
Čechov (1860- 1904) è universalmente riconosciuto come uno dei maestri del teatro e del racconto, non solo russo, ma internazionale. Basti pensare a qualche titolo famoso, come Zio Vanja o Il giardino dei ciliegi. Molte sue opere sono entrate nella storia e sono ancora oggi utilizzate nei corsi di recitazione e di regia teatrale.
RECENSIONE: “La fine della strada” di Joseph O’Connor
Dublino, feste natalizie, 1994. Martin Aitken, quarantatreenne ispettore di polizia, non ama il Natale. Troppi sono i ricordi tristi ad esso legati o che una ricorrenza importante come il Natale fa riaffiorare, come la morte del figlio Robbie sei anni prima e il successivo abbandono della moglie Valerie. Sono ferite che l’ispettore, nonostante l’aiuto momentaneo dell’alcol, sente come indelebili, impossibili da rimarginare. Per questo anche il lavoro diventa ogni giorno più difficile da sostenere e l’autocontrollo più arduo da mantenere.
RECENSIONE: “Bella famiglia!” di Roddy Doyle
Jimmy Rabbitte senior non può credere alle sue orecchie: la figlia maggiore gli sta dicendo che aspetta un bambino, ma che non vuole assolutamente rivelare il nome del padre. Categorica e decisa, Sharon dimostra molto più dei suoi giovani vent’anni. Jimmy prova a rimanere sconvolto o deluso, ma non può in fondo mentire a se stesso: l’idea di diventare nonno è un’esperienza del tutto nuova, che supera ogni futura difficoltà e lo emoziona oltre ogni limite.
RECENSIONE: “Non lasciarmi” di Kazuo Ishiguro
Incuriosita dallo stile dell’autore di Quel che resta del giorno (e prima ancora dal bellissimo film omonimo), acquisto Non lasciarmi, carica di aspettative. Il romanzo è straziante e doloroso. L’autore, Premio Nobel nel 2017, mette in scena il dramma distopico di tre giovani (Kathy, Ruth e Tommy) cresciuti da un gruppo di attenti tutori nel college di Hailsham, nell’Inghilterra dei primi del Novecento. L’elemento distopico, che si apprende non immediatamente, ma a lettura già inoltrata, sta nel fatto che gli abitanti di Hailsham non siano ragazzi normali, ma automi, creati appositamente per salvare, a tempo debito, con la donazione dei propri organi, la vita di chi vive nel “mondo esterno”.
RECENSIONE: “La lettrice di romanzi d’amore” di Pearl Abraham
L’avida lettrice del titolo è Rachel, una giovane ragazza ebrea, che vive con la famiglia nello Stato di New York, intorno agli anni ’70. Per il suo primo romanzo, Pearl Abraham, scrittrice nata a Gerusalemme e vissuta a Brooklyn, decide di trattare un argomento che conosce bene e da vicino. Nei gesti e nei pensieri della protagonista, desiderosa di libertà in una dimensione claustrofobica, quale solo una rigida comunità religiosa può essere, possiamo intravedere tracce del passato della stessa Pearl, anche lei ebrea americana e figlia di un rabbino, oppure di qualcuno a lei molto vicino.
RECENSIONE: “La madre che mi manca” di J.C. Oates
Il lettore, attraverso la ricca prosa della Oates, segue l’elaborazione drammatica ma realistica di un lutto, che diventa motivo di “rinascita”. Passo dopo passo assiste alla crescita di una donna, che all’inizio appare antipatica e supponente, ma che alla fine si dimostra essere sensibile e sincera, anche se irrimediabilmente addolorata per qual rapporto mal gestito con la madre e inevitabilmente oppressa da quell’attuale forte senso di mancanza.
RECENSIONE: “Furore” di John Steinbeck
Passare dalle appena cinquanta/cento pagine dei romanzi brevi alle oltre seicento del mastodontico Furore voleva dire mettere ulteriormente alla prova la penna di Steinbeck, penna che come dicevo si è rivelata all’altezza delle molte lusinghe nel tempo ricevute. Cos’è dunque che ha attirato ed attira così tanto il lettore?? Beh, sicuramente il fatto che si tratti di una storia familiare: The Grapes of Wrath (così recita infatti l’intraducibile titolo originale) narra le vicissitudini di una famiglia americana, i Joad, costretta per miseria ad abbandonare la propria terra per cercare fortuna in quello che tutti considerano il paese della cuccagna: la California.