Storici e bio

RECENSIONE: “L’ultima fuggitiva” di Tracy Chevalier

Tracy Chevalier non fallisce: dopo aver letto il famoso romanzo La ragazza con l’orecchino di perla, decido di imbattermi in un’altra sua opera, come sempre di base storica: tra i tanti presenti in biblioteca scelgo L’ultima fuggitiva, una storia all’insegna della crescita individuale e della ricerca della libertà. Non rimango delusa.

Titolo: L’ultima fuggitiva
Autore: Tracy Chevalier
Editore: Neri Pozza
Pagine: 313
Anno: 2013
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Voto: 4/5
4stelle

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L’ambientazione spazio-temporale è del tutto diversa da quella della ragazza amata da Vermeer; qui siamo nell’Ottocento, in parte in Inghilterra e in parte in America, dove la giovane protagonista, Honor Bright, si rifugia, alla ricerca di una vita nuova, dopo un amore andato in frantumi. Honor è intelligente e ha buon cuore, caratteristica quest’ultima che la porta però ad essere a volte un po’ ingenua ed insicura.

Insieme a lei c’è la sorella Grace, che ben presto però muore di febbre gialla, contratta durante il viaggio, lasciando la più giovane Honor ad affrontare in completa solitudine un mondo del tutto sconosciuto. Ma a piccoli passi, sorprendendo un po’ anche sé stessa, Honor comincia ad acquisire fiducia e a farsi apprezzare come cucitrice e sarta nella cittadina in cui la sorella Grace doveva sposarsi. Le trapunte e i cappelli da lei creati sono precisi e bellissimi, e vengono presto  richiesti anche dalle città vicine e da signore altolocate.

Così la giovane riesce a mettere radici in un mondo che è ancora nuovissimo, dove “quando conosci qualcuno non sai mai se il giorno dopo lo rivedrai” e dove le case sono tutte di legno, e non di pietra, come nella cara e vecchia Inghilterra.

L’autrice non è pedante nel dare dettagli storici e culturali, ma li inserisce casualmente, lasciando al lettore la libera volontà di approfondire: si parla innanzitutto di religione (Honor è infatti una fervente quacchera e nonostante possa godere anche in America di un posto in cui pregare, spesso si trova a discutere delle sue posizioni).  Poi di libertà e di schiavismo, di vita quotidiana, di leggi e di economia agricola. Persino le trapunte, così amate e curate da Honor, sono ben documentate in molte opere che trattano l’argomento delle migrazioni dall’Inghilterra all’America nell’Ottocento e che l’autrice stessa cita nella bibliografia finale. Spesso infatti venivano portate dai migranti durante la traversata come ricordo della patria ormai lontana.

Tutto questo per avvalorare il fatto che non leggerete un libretto di pura fantasia, né una storia banale, ma un romanzo che ha comunque una base storica.

Tracy Chevalier pone inoltre molta attenzione ai sentimenti: quelli di amicizia e quelli amorosi, quelli negativi di astio e di risentimento, quelli struggenti della nostalgia, quelli sconvolgenti del dolore e della perdita. Honor passa attraverso tutte queste fasi, imparando che non sempre il primo giudizio che ci facciamo delle persone è quello giusto: un cacciatore di schiavi può avere buoni sentimenti, una donna scorbutica e arcigna può nascondere un grande segreto.

Ma Honor impara anche a combattere per ciò in cui ha sempre creduto: la libertà e l’uguaglianza di tutti gli uomini, schiavi compresi. Ferma nelle sue convinzioni e dimostrando un coraggio, non proprio comune per l’epoca, la donna rischierà la propria vita, nascondendo diversi fuggitivi e aiutandoli a raggiungere il Canada. A questo scopo arriverà persino a mentire, tradendo così uno dei dogmi più fermi della sua religione.

Quello della Chevalier è una sorta di romanzo di formazione, dove la dolce Honor, a metà tra la voglia di fuggire e quella di correre incontro al futuro, cattura l’animo del lettore, tanto è vivida la caratterizzazione del suo personaggio. I capitoli brevi facilitano la lettura, che diviene un piacere. Il finale è assolutamente imprevedibile. Consigliato di cuore a tutti, ma soprattutto agli amanti del genere.

Un abbraccio

Cat.

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